Mediazione civile: il contratto di consorzio

Il contratto di consorzio

Il consorzio è disciplinato dagli art. 2602 e seguenti del Codice Civile.

Ai sensi dell’art 2602 c.c., il consorzio è il contratto con il quale più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.

A tal proposito si specifica che in taluni casi la legge (art.19, co.2 legge 19.08.77 n 675 e art 6 legge 8.08.1985 n 443) consente la partecipazione ai consorzi di soggetti non imprenditori (quali ad esempio: le università, le Regioni, le Camere di commercio etc) che intervengono nella veste di finanziatori, in questi casi si parla dei c.d. consorzi misti.

Caratteristica fondamentale del consorzio è lo scopo consortile.

Con questa espressione si intende far riferimento alla coordinazione delle attività economiche delle società che ne fanno parte.

Ciascuna impresa manterrà l’individualità propria così come resteranno proprie le fasi della produzione da ciascuna di essa svolte.

Così, se l’impresa Alfa farà parte del consorzio per la diffusione del miele di acacia, per fare un esempio, sulla sua produzione, oltre ai riferimenti di appartenenza al consorzio, potrà inserire anche il proprio marchio, mantenendo, così agli occhi dei consumatori, la propria individualità.

Da questo punto di vista è agevole comprendere come fine ultimo del consorzio non sia la produzione di un guadagno da mettere insieme e da distribuire tra i consorziati, quanto, piuttosto, l’aumento del reddito di ciascuna impresa.

L’ art. 2603 c.c. disciplina la forma del contratto costitutivo che deve essere, a pena di nullità, redatto per iscritto e deve contenere 7 elementi tipici e precisamente:

  1. L’oggetto e la durata;
  2. La sede;
  3. Gli obblighi e i contributi dei consorziati;
  4. Le attribuzioni e i poteri degli organi consortili;
  5. Le condizioni di ammissione dei nuovi consorziati;
  6. I casi di recesso e esclusione;
  7. Le sanzioni per l’inadempimento degli obblighi dei consorziati.

Dal n. 5 del predetto articolo si trae la definizione di consorzio come contratto tendenzialmente aperto ai sensi dell’art. 1332 del c.c., secondo il quale “Se ad un contratto possono aderire altre parti e non sono determinate le modalità dell’adesione, questa deve essere diretta all’organo che sia stato costituito per l’attuazione del contratto o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari”.

Quest’ultima, si precisa, è una norma suppletiva applicabile in materia di consorzio solo nell’ipotesi in cui nel contratto costitutivo non sia prevista una specifica regolamentazione delle modalità di adesione di nuovi consorziati.

Il consorzio è un contratto la cui durata, può essere liberamente stabilita tra le parti. In assenza di tale previsione, troverà applicazione l’art. 2604 c.c. secondo il quale la durata del consorzio è di dieci anni.

Salvo diversa pattuizione contrattuale, le delibere relative all’attuazione dell’oggetto del consorzio sono assunte, ex art. 2606 c.c., ossia, con il voto favorevole della maggioranza dei consorziati.

In caso contrario potranno essere impugnate, entro 30 giorni, dinanzi all’autorità giudiziaria.

Le modifiche al contratto non possono essere, ex art 2607 c.c, eseguite senza il consenso di tutti i consorziati e debbono, pena la nullità, essere fatte per iscritto.

Secondo quanto stabilito dall’art. 2609 c.c., nei casi di recesso ed esclusione previsti contrattualmente (vedasi il sopra citato art. 2603 c.c. n.6), la quota di partecipazione del consorziato receduto o escluso si accresce proporzionalmente a quelle degli altri.

In tema di scioglimento del consorzio, il codice prevede (art. 2611 c.c.) sei distinte opzioni, ovvero:

  1. Decorso del tempo stabilito per la sua durata;
  2. Conseguimento dell’oggetto o impossibilità di conseguirlo;
  3. Volontà unanime dei consorziati;
  4. Delibera dei consorziati, ai sensi dell’art. 2606, per giusta causa;
  5. Provvedimento dell’autorità governativa, nei casi ammessi dalla legge;
  6. Altre cause previste nel contratto.

In base alla disciplina codicistica si distinguono due distinte tipologie di consorzio, ossia, quello ad attività interna e quello ad attività esterna.

CONSORZI CON ATTIVITÀ INTERNA

In questo caso l’organizzazione comune del consorzio non ha effetti nei confronti dei soggetti terzi (quali clienti, consumatori, fornitori). Ogni impresa mantiene la propria individualità nello svolgimento di tutte le fasi del ciclo economico ed agisce nel proprio interesse.

Questo tipo di consorzi non è disciplinato espressamente dal codice sostanziale, il quale può apparire alquanto lacunoso a riguardo.

Tale carenza normativa, tuttavia, è giustificata dal fatto che il legislatore ha volutamente lasciato ampi margini all’autodeterminazione dei soci consortili, liberi di determinare in maniera relativamente indipendente i rapporti tra loro (pur facendo salve le norme sopra considerate).

CONSORZI CON ATTIVITÀ ESTERNA

Per questa seconda tipologia (che si distingue da quella di cui alla precedente lettera A) per il fatto di produrre effetti nei confronti di soggetti terzi nei modi che verranno descritti in seguito) il codice detta una disciplina particolare contenuta nella sezione II che va a sommarsi alle disposizioni generali di cui si è detto sin ora.

In particolare, ai sensi dell’art. 2612 c.c., per i consorzi con attività esterna è previsto contrattualmente l’istituzione di un ufficio destinato ai rapporti con i terzi.

Pertanto, il consorzio dovrà essere iscritto presso l’ufficio del registro delle imprese provvedendo a depositare un estratto del contratto costitutivo.

Tale estratto dovrà contenere cinque elementi tipici:

  1. Denominazione e oggetto del consorzio e sede dell’ufficio;
  2. Cognome e nome dei consorziati;
  3. Durata del consorzio;
  4. Le persone a cui vengono attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio e i rispettivi poteri;
  5. Il modo di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione.

È interessante notare come, ai sensi dell’art. 2613 c.c., il consorzio possa essere convenuto in giudizio non solo in persona di coloro ai quali la rappresentanza in tale sede sia stata pattiziamente attribuita ma, altresì, tramite coloro ai quali il contratto costitutivo abbia attribuito la presidenza o la direzione del consorzio stesso.

Come detto, l’art. 2612 n. 5 c.c. fa riferimento al fondo consortile.

Si tratta dell’insieme dei contributi dei consorziati nonché dei beni con gli stessi acquistati. Tale fondo costituisce, per tutta la durata del consorzio, uno strumento a garanzia dei diritti che i terzi vantino nei confronti del consorzio.

L’art. 2615 c. 1 c.c., infatti, stabilisce che per le obbligazioni assunte per conto del consorzio da chi ne abbia la rappresentanza, i terzi possono far valere i propri diritti esclusivamente sul fondo consortile.

Delle obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati, invece, risponderanno questi ultimi solidalmente con il fondo consortile (comma 2 art. 2615 c.c.).

Qualora, infine, un consorziato risulti insolvente verso gli altri consorziati, il debito del primo verrà ripartito pro quota tra tutti gli altri consorziati (ancora art. 2615 c. 2 c.c.)

Se, dunque, in linea generale, il fondo consortile soddisfa l’esigenza di tutelare i diritti che i terzi possano vantare nei confronti del consorzio, logico corollario è l’indisponibilità del fondo dai consorziati per la durata del contratto. Per questo periodo, infatti (art. 2614 c.c.) i consorziati non potranno richiedere la divisione del fondo né i creditori particolari degli stessi potranno far valere i propri diritti sul fondo consortile.

Infine, l’art. 2615 bis c.c., rubricato “situazione patrimoniale”, detta le norme relative al bilancio di esercizio del consorzio, per il quale si applicano le norme previste per quello delle società per azioni.

Notevole, infine è l’applicazione a chi dirige il consorzio, delle norme di cui agli artt. 2621 e 2626 c.c. relativi, rispettivamente alle false comunicazioni sociali (punite con la reclusione da uno a cinque anni) ed all’indebita restituzione dei conferimenti (punita con la reclusione sino ad un anno).

LE SOCIETÀ CONSORTILI

Quando, ai sensi dell’art. art. 2615 ter c.c., le società in nome collettivo, in accomandita semplice, per azioni ed a responsabilità limitata assumono come oggetto sociale gli scopi del contratto consortile si parla di società consortili.

In tal caso, l’atto costitutivo può stabilire l’obbligo, per i soci di versare contributi in denaro.

Per giurisprudenza costante, per tali società troveranno applicazioni le norme di cui agli art. 2602 e ss c.c.

Infine, pare opportuno soffermarsi sugli obiettivi che intendono perseguire gli imprenditori che istituiscono un consorzio.

A tal proposito sembra potersi riassumere in due i principali obiettivi ovvero:

  • Disciplinare la concorrenza.

Questa tipologia di consorzi coinvolge imprenditori operanti nello stesso ramo di attività commerciale o produttiva, il cui obbiettivo è generalmente quello di salvaguardare la produzione di determinati prodotti o l’utilizzo di particolari tecniche produttive.

Ovviamente nel rispetto delle previsioni normative nazionali e comunitarie in materia di monopoli e concorrenza.

  • Cooperare nelle rispettive attività o soltanto in alcune fasi delle stesse (c.d. consorzio di coordinamento).

È questo il caso delle imprese che costituiscono un consorzio per acquistare materie prime a prezzi più vantaggiosi o che ripartiscono tra loro il costo di un servizio oppure che realizzano unitamente indagini di mercato o campagne pubblicitarie.

In altri termini il consorzio è un istituto finalizzato al conseguimento di uno scopo mutualistico volto ad ottenere a favore dei consorziati dei vantaggi economici che le singole imprese non riuscirebbero ad ottenere.

Dal carattere mutualistico, discende, pertanto, che l’attività consortile debba svolgersi nell’interesse delle imprese associate.

Dal momento che i consorzi comportano, di fatto, la cooperazione di svariate imprese, la loro attività può fortemente incidere sull’andamento di determinati settori di mercato.

Pertanto, l’art. 2618 c.c. prevede che, qualora un contratto consortile possa essere tale da influire sul mercato generale dei beni in esso contemplati, si renderà necessaria l’approvazione dell’autorità governativa, sentite le corporazioni interessate.

Conseguentemente, ex art. 2619 c.c., l’attività dei consorzi è sottoposta al controllo dell’autorità governativa che, nel caso in cui ravvisi gravi violazioni, potrà anche disporre lo scioglimento del consorzio stesso.

Infine, si precisa che ai sensi dell’art 5 co 1 Dlgs 149/2022 chi intenda esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di consorzio avrà l’onere di esperire preliminarmente il procedimento di mediazione.

MAGGIORI INFO? CONTATTACI