Comportamenti sleali in mediazione: il Giudice segnala in via anticipata ed esplicita le possibili sanzioni

Commento

Ancora una pronuncia improntata al chiaro intento di tutelare l’effettività del tentativo di mediazione.

In un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, concessa la provvisoria esecutività allo stesso, il Giudice “…assegna alle parti il termine di 15 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza della presentazione della domanda di mediazione che, si ricorda, è prevista a pena di improcedibilità”.

Contemporaneamente, nella “…non creduta ipotesi (sic!) in cui la conciliazione non sortisca esito positivo…”, dispone la trasformazione del rito ex art. 447 – bis e fissa una successiva udienza per la discussione alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente, precisando che “…parte ricorrente deve depositare memoria integrativa almeno 30 giorni prima dell’udienza, mentre parte resistente ha l’onere di depositare memoria integrativa almeno 10 giorni prima dell’udienza con i rispettivi oneri e decadenze previsti dal rito locatizio/lavoro”.

Gli aspetti centrali del provvedimento in esame sono però racchiusi nella seconda parte dello stesso:

innanzitutto, il Giudice segnala in via espressa ed anticipata le sanzioni previste dalla vigente disciplina per eventuali comportamenti non leali e non probi tenuti in sede di mediazione (come è noto, erogazione di sanzioni economiche a favore dello Stato ed a carico dell’una o dell’altra parte);

inoltre, si rammenta l’art. 96, co. 3, c.p.c., che prevede la condanna al pagamento di una somma a carico della parte che dovesse risultare aver agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave;

infine, il Tribunale richiede esplicitamente alle parti “…di segnalare immediatamente l’accordo conciliativo raggiunto in sede di mediazione ovvero in altro modo stragiudiziale prima della prossima udienza onde poter così liberare prezioso spazio sul proprio ruolo istruttorio e decisorio per quelle cause che necessitano inevitabilmente di decisione di tipo giurisdizionale/contenziosa da parte del giudice”.

In particolare, risulta agevole rilevare come il richiamo alle sanzioni previste dal D.lgs 28/2010 per l’ipotesi di comportamenti “non leali e non probi” eventualmente tenuti in mediazione non possa riferirsi alla sola ipotesi di mancata partecipazione al procedimento senza giustificato motivo.

Infatti, se è vero che la sanzione consistente nella condanna al pagamento di una somma di importo pari al  contributo unificato dovuto per il giudizio è prevista dall’art. 8 del D.lgs 28/2010 in ordine alla sola ipotesi di cui sopra, deve tuttavia rilevarsi come il successivo riferimento alla possibile applicazione dell’art. 96, co. 3, c.p.c. ed il richiamo ad una “non creduta ipotesi” di fallimento della mediazione concorrano ad iscrivere a pieno titolo la pronuncia in commento nell’ambito di quella giurisprudenza – sempre più consistente – per la quale il tentativo di mediazione deve necessariamente essere caratterizzato da effettività, pena il non verificarsi della condizione di procedibilità richiesta dalla legge.

Secondo l’orientamento citato, sorto con riferimento alla mediazione delegata dal giudice ai sensi dell’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010 e gradualmente in via di estensione alle ipotesi di mediazione ex lege di cui all’art. 5, co. 1 – bis del decreto sulla mediazione stesso, come è noto, la condizione di procedibilità dell’azione potrà considerarsi soddisfatta in presenza di un tentativo di mediazione effettivamente avviato, vale a dire allorchè le parti, anziché limitarsi ad incontrarsi ed informarsi, per poi non aderire alla proposta del mediatore di procedere, adempiano effettivamente all’onere di legge, partecipando alla vera e propria procedura (auspicabilmente) conciliativa, salvo, naturalmente, l’emergere di questioni pregiudiziali (di natura – pertanto – oggettiva) ostative al suo svolgimento.

Al di là della ormai celebre giurisprudenza “fiorentina” (cfr. ordd. 17 e 19 marzo 2014), lo stesso  Tribunale di Roma, nell’ordinanza 30 giugno 2014, sottolinea con forza come il tentativo di mediazione, sia pure con riferimento alle ipotesi di cui all’art. 5, co. 2, debba svolgersi effettivamente, dal momento che una formale e “burocratica” presenza delle parti (o, peggio, dei soli avvocati delle stesse) volta a produrre la condizione di procedibilità della domanda (tramite, ovviamente, formazione di verbale negativo) finirebbe con il trasformarsi in una totale elusione dell’ordine del giudice, il quale avrà già provveduto in prima persona alle valutazioni del caso circa la “mediabilità” della controversia.

Queste conclusioni, più di recente, sono state progressivamente estese alle ipotesi di cui all’art. 5. co. 1 – bis, vale a dire ai casi, ben più frequenti nella pratica, di mediazione instaurata dalla parte interessata in quanto ex lege condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Ciò, sulla base della considerazione che la condizione di procedibilità è rappresentata, tanto ai sensi dell’art. 5, co. 1 – bis, quanto dell’art. 5, co. 2, dall’”esperimento del procedimento di mediazione”, e del fatto che su cosa debba intendersi per “mediazione” non possono sussistere dubbi, in ragione della definizione fornitaci dall’art. 1, co. 1, lett. a) del medesimo D.lgs 28/2010, secondo cui si tratta dellal’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa”.

Ne consegue che ove le parti si limitino a comparire innanzi al mediatore senza aderire alla proposta di quest’ultimo di procedere al tentativo, di “mediazione” in senso tecnico non si possa proprio parlare.

Emblematica dell’assimilazione in parola può considerarsi l’ordinanza 26 novembre 2014 del Tribunale di Firenze, in cui si evidenzia che certamente nelle ipotesi di mediazione delegata è il giudice a valutare nel caso concreto i margini di “mediabilità” della controversia, mentre nelle materie di cui all’art. 5, co. 1 – bis, detta valutazione risulta già operata in astratto dal legislatore, sulla base della tipologia delle controversie. Tale differenza, però, “…non incide minimamente sulla natura della mediazione e quindi non appare rilevante per ritenere che la condizione di procedibilità possa ritenersi assolta con un mero incontro ‘preliminare’ in cui le parti dichiarano la mancanza di volontà di svolgere la mediazione”.

In sostanza, pertanto, secondo l’orientamento in commento, cui si ritiene possa considerarsi conforme la pronuncia in esame, non si vede perchè le stesse considerazioni in ordine alla partecipazione personale delle parti al procedimento e soprattutto alla effettività del tentativo, esplicitate con riferimento alla mediazione delegata, non debbano valere anche (ed a maggior ragione) laddove l’esperimento della mediazione condiziona la procedibilità della domanda giudiziale ab initio.

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Testo integrale:

 

TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE VI CIVILE

Il Giudice Cons. Dott. Francesco Ranieri.

Nel procedimento n. …../2014 R.G. di opposizione al decreto ingiuntivo emesso da questo Tribunale n. /2013 in favore della …. Contro ….
Sciogliendo la riserva assunta alla prima udienza di trattazione di cui all’udienza dell’8/10/2014 su istanza di provvisoria esecuzione

RILEVA:

1) Preliminarmente che ….
2) Nel merito della controversia….

Pertanto.

1) Concede la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. …./013;

2) Visto il d. Lgs 28/2010 sulla mediazione obbligatoria come modificato dall’art. 84 del D.L. n. 69/2013 convertito con modificazioni in legge n. 98/2013 in vigore dal 21 settembre 2013 assegna alle parti il termine di 15 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza della presentazione della domanda di mediazione che, si ricorda, è prevista a pena di improcedibilità

3) Dispone la trasformazione del rito da ordinario in locatizio ex art. 447 bis cpc e fisso udienza il ….. 2015 nella non creduta ipotesi in cui la conciliazione non sortisca esito positivo, udienza fissata ex art. 420 cpc per la discussione ed alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente: parte ricorrente deve depositare memoria integrativa almeno 30 giorni prima dell’udienza, mentre parte resistente ha l’onere di depositare memoria integrativa almeno 10 giorni prima dell’udienza con i rispettivi oneri e decadenze previsti dal rito locatizio/lavoro:

4) Segnala sin d’ora che la legge sulla mediazione obbligatoria prevede l’erogazione di sanzioni economiche a favore dello Stato ed a carico dell’una e dell’altra parte per eventuali comportamenti non leali e non probi tenuti in sede di mediazione.

5) Segnala che l’art. 96 comma 3 cpc prevede la condanna al pagamento di una somma a carico di quella parte che dovesse risultare aver agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave.

6) Richiede alle parti di segnalare immediatamente l’accordo conciliativo raggiunto in sede di mediazione ovvero in altro modo stragiudiziale prima della prossima udienza onde poter così liberare prezioso spazio sul proprio ruolo istruttorio e decisorio per quelle cause che necessitano inevitabilmente di decisione di tipo giurisdizionale/contenziosa da parte del giudice.

Si richiede tale collaborazione alle parti in applicazione dell’art. 111 Cost. che impone una “durata ragionevole del processo”, durata ragionevole che va letta sia con riferimento al singolo processo trattato sia con riferimento alla più complessiva gestione dell’attività giurisdizionale da parte del giudice.

7) La cancelleria comunichi il presente provvedimento senza indugio alle parti.

Roma, 1 novembre 2014.