Il Tribunale di Varese, con ordinanza del 18 maggio 2012, nell’ambito di una controversia in materia di contratti bancari, ha avuto modo di affermare che l’onere del tentativo obbligatorio di mediazione, ai sensi dell’art. 5, co. 1, D.lgs n. 28 del 2010, deve considerarsi incombente sul soggetto che, nel giudizio nascente dall’opposizione a decreto ingiuntivo, viene ad assumere la veste di “attore sostanziale”, vale a dire l’originario creditore e non il debitore che proponga opposizione.
Ora, il co. 4 del citato art. 5, D.lgs n. 28 del 2010, ha introdotto una disciplina speciale con riferimento ai procedimenti a struttura c.d. “bifasica”, nell’alveo dei quali deve essere indubitabilmente ricondotto il procedimento monitorio.
I procedimenti de quibus, infatti, sono caratterizzati dall’esonero della mediazione nella fase sommaria. In particolare, l´onere della mediazione, nei procedimenti d´ingiunzione, ivi compresa l´opposizione, rimane differito “fino alla decisione sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”.
Come risulta agevole rilevare, quindi, la pronuncia del giudice che statuisce in ordine alla concessione dell´esecutività al decreto ingiuntivo ex art. 648 c.p.c., ovvero sull´istanza di sospensione della stessa, ex art. 649 c.p.c., riattiva, nel giudizio, l´onere di presentazione dell´istanza di mediazione, determinandosi, in mancanza, l´improcedibilità della domanda.
Ciò premesso, tuttavia, si pone il problema di determinare quale sia la parte in concreto tenuta all´introduzione del procedimento di mediazione presso l´organismo prescelto: in altri termini, si tratta di valutare se l´improcedibilità, conseguente alla mancata attivazione della fase conciliativa, vada a sanzionare la domanda giudiziale, vale a dire quella recata nel ricorso sfociato poi nel decreto ingiuntivo, ovvero la successiva richiesta avanzata dalla parte opponente, che, nel giudizio di opposizione, riveste formalmente il ruolo di attore.
La questione è risolta dal Tribunale di Varese secondo la prima impostazione, che, invero, appare la più aderente al dato normativo.
Osserva infatti il giudice come, da parte dell´art. 5, co. 1, D.lgs n. 28 del 2010, l´onere di legge risulti posto a carico di chi intenda agire in giudizio a tutela del proprio diritto asseritamente leso. Di conseguenza, secondo un “…costume giurisprudenziale radicato e costante, da ultimo convalidato dalle Sezioni Unite (Cass. Civ., Sez. Un., sentenza 9 settembre 2010, n. 19246) e confermato dagli arresti più recenti (Cass. Civ., Sez. I, sentenza 14 aprile 2011, n. 8539, in www.tribunale.varese.it), l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, il quale, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio, investe il giudice del potere-dovere di statuire sulla pretesa originariamente fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni e difese contro la stessa proposte, con la conseguenza che il processo non verte attorno alla legittimità o liceità della ingiunzione. Si vuol dire che ”attore sostanziale” (e, dunque, chi agisce in giudizio, nei sensi di cui all’art. 5, comma I, cit.) è il creditore e non il debitore che proponga opposizione. A carico dello stesso, un onere è configurabile solo in caso di domande in riconvenzione o verso terzi, ma non certo per il solo fatto di avere (dovuto) proporre l’opposizione. L’atto di opposizione, infatti, non costituisce un’iniziativa giudiziale autonoma, ma la reazione difensiva all’impulso procedimentale altrui”.
Tale ricostruzione, in effetti, appare quella maggiormente convincente.
Risulta agevole rilevare, infatti, come, ove si opinasse nel senso opposto, si finirebbe con il produrre una situazione di squilibrio, palesemente irragionevole, nei confronti del debitore ingiunto ed opponente. Questi, già gravato di una ingiunzione di pagamento a contraddittorio differito, nella fase processuale successiva si vedrebbe ulteriormente onerato di una iniziativa − l’istanza di mediazione – che, nell’ipotesi di procedimento ordinario, non incomberebbe su di lui, oltretutto sulla base di una scelta puramente discrezionale del creditore.
Sembra quindi del tutto conseguente alla ratio dell’art. 5, co. 1, D. lgs n. 28 del 2010, la circostanza che la parte tenuta ad attivarsi, mediante l’avvio del procedimento di mediazione, al fine di evitare la declaratoria di improcedibilità, sia quella opposta, vale a dire l’originario ricorrente in sede monitoria, stante la sua posizione di creditore effettivo, e dunque, in ultima analisi, di attore sostanziale.