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Mediazione civile: l’obbligo di informativa dell’avvocato

L’art. 4, co. 3, D.lgs 28/2010 dispone che “All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione”.

Tale disposizione attua quanto previsto nell’art. 60, co. 3, lett. h), della legge delega n. 69/2009, disposizione ispirata, a sua volta, dall’indicazione di cui al n. 25 della Direttiva 2008/52/CE.

Si tratta, dunque, di un’informativa obbligatoria posta a carico degli avvocati, già contemplata nell’originario testo del D.lgs 28/2010 ed a fortiori riconfermata in virtù della previsione legislativa relativa alla necessaria assistenza dell’avvocato in mediazione.

A tale proposito, sembra opportuno sottolineare come debba trattarsi di un’informativa piena e completa, non soltanto, cioè, relativa alla possibilità di avvalersi della mediazione o al fatto che, nelle materie di cui all’art. 5, co. 1 – bis, essa costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, nonché alle correlate agevolazioni fiscali previste dalla legge. Dovranno essere illustrate, altresì, anche (e soprattutto) le caratteristiche del procedimento, a partire – dunque – dalle finalità e dalle modalità del primo incontro.

Informativa piena e completa, si diceva poc’anzi, anche con riguardo alle modalità esplicative in essa contenute: non sarà, ad esempio, sufficiente un mero richiamo alle disposizioni contenute nel D.lgs 28/2010, che risulterebbero ovviamente ben poco comprensibili da parte del cliente, la cui attenzione dovrà invece essere concretamente richiamata sulle caratteristiche e sui vantaggi, oltre che sugli oneri, ricollegati all’istituto della mediazione e al relativo procedimento. Occorrerà, pertanto, un apposito documento che chiaramente illustri gli scopi, il funzionamento, le regole e gli oneri della mediazione.

D’altra parte, già l’art. 40 del Codice deontologico forense prevede l’obbligo, per gli avvocati, di informare i propri assistiti “…all’atto dell’incarico delle caratteristiche e dell’importanza della controversia o delle attività espletate, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzioni possibili”.

Ora, evidentemente, tale obbligo di informativa si estende, a seguito del D.lgs 28/2010, al procedimento di mediazione.

Naturalmente, l’obbligo di cui sopra dovrà essere assolto tanto dall’avvocato della parte istante, quanto da quello della parte chiamata.

Certamente, l’obbligo nasce al momento del conferimento dell’incarico. Pur coincidendo, di fatto, detto momento con quello del conferimento della procura alle liti, appare chiaro come l’allegazione dell’informativa non possa considerarsi effettuata ove meramente inserita nella procura medesima.

Si tratta, infatti, di due atti ben distinti e separati, come peraltro già affermato in giurisprudenza a partire da Trib. Varese, ordinanza 6 maggio 2011, in cui si afferma che “…ai sensi dell’art. 4, comma III, cit., “il documento che contiene l’informazione e’ sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio”: è, dunque, chiaro che deve trattarsi di un atto distinto e individuabile, firmato dal cliente separatamente dagli altri documenti e “allegato” al fascicolo”.

L’informativa, pertanto, esplicita e completa dell’indicazione delle caratteristiche del procedimento di mediazione, dovrà essere contenuta in un atto a sé stante che risulti, ovviamente, sottoscritto dall’assistito.

Sulla base delle valutazioni fin qui svolte, non può sottacersi, ad avviso di chi scrive, il fatto che alla disposizione in esame debba essere attribuita una forte valenza “incentivante”, finalizzata, cioè, a favorire un progressivo incremento della conoscenza della “opportunità mediazione” presso il pubblico, ineludibile premessa allo sviluppo di una reale cultura della mediazione in Italia.

Ciò evidentemente implica che il più ampio rilievo alle potenzialità dell’informativa dovrebbe attribuirsi alle ipotesi in cui la legge non dispone obbligatoriamente la mediazione, nelle quali, tuttavia, la parte, se adeguatamente informata in primis dell’esistenza, ed a seguire dei vantaggi dell’opportunità in parola, ben potrebbe essere “invogliata” ad intraprendere una strada diversa rispetto a quella tradizionale rappresentata dalla scelta di adire direttamente il giudice.

Nell’ottica di una siffatta concezione estensiva, non potrebbe allora escludersi pregiudizialmente l’ipotesi che, anche nelle materie di cui all’art. 5, co. 4, D.lgs 28/2010, la parte interessata possa valutare se intraprendere volontariamente il procedimento di mediazione.

Si tratta, come è noto, di procedimenti relativamente ai quali il legislatore – sulla base di una asserita incompatibilità con la mediazione – ha previsto l’inapplicabilità dei co. 1 – bis e 2 del medesimo art. 5. In particolare, la disposizione in parola prevede che la mediazione non sia condizione di procedibilità dell’azione:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;

b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile;

c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile;

d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;

e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;

f) nei procedimenti in camera di consiglio;

g) nell’azione civile esercitata nel processo penale”.

Ebbene, senza che suoni come un paradosso, anche in queste ipotesi, in cui l’obbligatorietà è (ben comprensibilmente) esclusa, una capillare informazione e, quindi, una piena comprensione delle agevolazione e dei vantaggi economici e temporali della mediazione potrebbe portare, un domani, a scelte sorprendenti, ispirate ad una diversa cultura. E proprio l’avvocato risulterebbe, in queste come in ogni altra ipotesi di mediazione “volontaria”, attraverso un utilizzo scrupoloso e, se così si può dire, “valutativo” dell’informativa alla quale è normativamente tenuto nei confronti del cliente, il soggetto ispiratore della eventuale scelta in favore del tentativo di composizione stragiudiziale della lite.

D’altra parte, già oltre quattro anni or sono, proprio in relazione ad un caso di specie rientrante nel novero di quelli richiamati dall’art. 5, co. 4, (ricorso per decreto ingiuntivo) il Tribunale di Varese, decreto 30 giugno 2010, ebbe a precisare che, pur essendo esclusa la mediazione, sia ante causam sia delegata, nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, “…ciò nondimeno correttamente il difensore ha provveduto alla informativa: come questo Tribunale ha già dichiarato (v. Trib. Varese, sez. I, ordinanza 9 aprile 2010) l’obbligo informativo di cui all’art. 4, comma III, d.lgs. 28/2010 deve ritenersi sussistente se la lite insorta tra le parti rientri tra quelle controversie per cui è possibile (in concreto, perché prevista) l’attività (facoltativa, obbligatoria o su impulso giudiziale) dei mediatori.

Nel caso di specie, già prima del monitorio, pur essendo esclusa la mediazione obbligatoria e quella su impulso giudiziale, è, però, possibile il ricorso alla mediazione cd. Facoltativa e la parte deve esserne messa a conoscenza; inoltre e, comunque, il cliente deve essere avvisato della rilevanza che potrà avere il decreto 28/2010 in prosieguo di giudizio, atteso che la “sospensione” dei commi 1 e 2 dell’art. 5 cessa nel momento in cui il giudice scioglie la sua decisione sulla provvisoria esecuzione”.

Di conseguenza, l’obbligo informativo di cui all’art. 4, co. 3, D.lgs. 28/2010 sembra doversi ritenere sussistente ogniqualvolta la lite insorta tra le parti rientri tra quelle controversie per cui risulti possibile (in concreto, perché prevista) l’attività (facoltativa, obbligatoria o su impulso giudiziale) di mediazione.

Occorre a questo punto valutare quali siano le conseguenze che la vigente normativa prevede per l’ipotesi di violazione dell’obbligo di informativa in commento.

Il legislatore ha inteso considerare una duplice casistica.

In primo luogo, l’omessa informazione all’assistito. In tal caso, a norma dell’art. 4, co. 3, D.lgs 28/2010, si determina l’annullabilità del contratto tra avvocato e cliente.

Ben diversa è invece l’ipotesi in cui il documento contenente l’informativa non risulti allegato all’atto introduttivo del giudizio (ovvero, beninteso, alla comparsa di risposta).

Sul punto, il medesimo art. 4, co. 3, all’ultimo periodo prevede che “il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione”.

La disposizione in parola impone, evidentemente, in virtù del richiamo all’art. 5, co. 1 – bis, una netta distinzione tra mediazione obbligatoria e facoltativa.

Nel primo caso, appare evidente che ove alla mancata allegazione si accompagni il mancato esperimento della mediazione, il giudice non potrà che assegnare alle parti il termine di 15 giorni per presentare l’istanza di mediazione presso un organismo territorialmente competente, fissando altresì udienza successivamente allo spirare del termine (tre mesi) di cui all’art. 6, co. 1.

Ove invece il tentativo di mediazione risulti de facto esperito – pur senza allegazione dell’informativa – quest’ultima circostanza non potrà assumere – ovviamente – rilevanza alcuna.

Qualora si tratti, invece, di mediazione facoltativa, il giudice, a seguito dell’accertamento della mancata allegazione dell’informativa, dovrà provvedere egli stesso a rendere le parti edotte circa la facoltà in parola, eventualmente disponendone la comparizione personale.