La revoca dell’amministratore di condominio è soggetta a mediazione obbligatoria?

Commento a Cassazione Civile, sez. VI-2, ord. 18 gennaio 2018, n. 1237.

Secondo la ricostruzione della Suprema Corte di Cassazione, è inammissibile la censura in punto di legittimità mirante a sindacare la decisione sulla questione della soggezione del giudizio di revoca dell’amministratore di condominio alla mediazione obbligatoria. Ciò, val bene anticipare fin d’ora le conclusioni, in quanto si tratterebbe di provvedimento di volontaria giurisdizione sprovvisto dei caratteri della definitività e della decisorietà.
Nell’affrontare la questione, occorre necessariamente muovere da una considerazione preliminare: da un lato, infatti, è senz’altro vero che l’art. 71 – quater, disp. att. c. c., precisa che per “controversie in materia di condominio”, ai sensi dell’art 5, D.lgs 28/2010, devono intendersi, tra le altre, quelle contemplate negli artt. da 61 a 72 delle medesime disp. att. c.c. (tra le quali, dunque, si colloca anche l’ipotesi di cui all’art. 64 delle disposizioni stesse, relativo, come è noto, alla revoca dell’amministratore). Dall’altro, tuttavia, l’art. 5, co. 4, lett. f), D.lgs 28/2010, non sembra dare adito a dubbi di sorta laddove dispone che il meccanismo della condizione di procedibilità non si applica nei procedimenti in camera di consiglio; e, in effetti, il giudizio di revoca dell’amministratore di condominio è un procedimento camerale plurilaterale tipico, nel quale l’intervento del giudice è diretto all’attività di gestione di interessi e non culmina in un provvedimento avente efficacia decisoria, tanto che non è indispensabile il patrocinio di un difensore legalmente esercente (cfr., in tal senso, Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, ord. 23 giugno 2017, n. 15706).
Ciò premesso, nel caso di specie il Tribunale adito, all’esito del procedimento di revoca giudiziale dall’incarico di amministratore condominiale ex art. 64 disp. att. c.c., dichiarava improcedibile la domanda del condomino ricorrente in quanto questi non aveva partecipato all’incontro dinanzi al mediatore agli effetti del D.lgs. 28/2010.
Il decreto del Tribunale veniva conseguentemente impugnato dal ricorrente, ma la Corte d’appello rigettava il reclamo sulla base, fondamentalmente, di due considerazioni:
in primo luogo, dovendosi confermare l’interpretazione del Tribunale, secondo cui il procedimento di mediazione obbligatoria è applicabile anche al giudizio di revoca dell’amministratore di condominio, nonostante si tratti di procedimento in camera di consiglio; ciò stante la previsione dell’art. 71 – quater, disp. att. c. c. (secondo cui per “controversie in materia di condominio”, ai sensi del D.lgs 28/2010, si intendono, come detto, tra le altre, quelle degli artt. da 61 a 72, disp. att. c.c.);
di conseguenza, il mancato espletamento del procedimento di mediazione implica, ineludibilmente, il non perfezionamento della condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Il condomino ricorrente, quindi, ricorreva in Cassazione, sostenendo che il decreto del Tribunale avrebbe natura di sentenza, in punto di decisorietà e di definitività e, quindi, di idoneità al consolidarsi dl giudicato, e che il procedimento finalizzato all’ottenimento della revoca dell’amministratore di condominio non soggiacerebbe all’istituto della mediazione obbligatoria.
Ora, detto ricorso è dichiarato dalla Corte di Cassazione inammissibile.
Va immediatamente precisato, peraltro, come i Supremi giudici, nell’ordinanza de qua, non abbiano approfondito nel dettaglio la censura relativa all’assoggettamento o meno del procedimento di revoca dell’amministratore di condominio all’obbligatorietà della mediazione; infatti, il provvedimento in commento si concentra sul profilo dell’inammissibilità della censura rivolta al decreto impugnato, analizzandone la natura intrinseca.
Il Giudice della legittimità, in effetti, richiamando la già citata Cass. n. 15706 del 2017 (ma anche Cass. n. 9348 del 2017, Cass. n. 2986 del 2012, Cass. n. 14524 del 2011 e financo Cass. SS. UU. n. 20957 del 2004), ribadisce che il decreto con il quale la Corte d’Appello provvede sul reclamo avverso il decreto del Tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio (art. 1129 c.c. e art. 64 disp. att. c.c.), è caratterizzato dalla natura propria di provvedimento di volontaria giurisdizione.
Con la conseguenza, pertanto, dell’inammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione, ex art. 111, co. 7, Cost., avverso il predetto decreto. Il ricorso in parola, precisa la Corte, risulta invece ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento (dal momento che, in tal caso, il provvedimento oggetto di censura riguarda posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo).
Secondo l’ordinanza, dunque, il decreto con cui la Corte d’Appello, in sede di reclamo avverso il provvedimento di revoca dell’amministratore di condominio, abbia a dichiarare l’improcedibità della domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione:
innanzitutto, non costituisce “sentenza”, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 111, co. 7, Cost., risultando sprovvisto dei necessari caratteri della definitività e decisorietà, in quanto trattasi di provvedimento non recante alcun giudizio in merito a fatti controversi;
in secondo luogo, dal momento che il decreto in parola “…non pregiudica il diritto del condomino ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, né il diritto dell’amministratore allo svolgimento del suo incarico”, non si tratta, evidentemente, di provvedimento suscettibile di acquisire forza di giudicato, non rilevando, in senso contrario, la motivazione del ritenuto ostacolo pregiudiziale all’esame della domanda giudiziale: ciò in quanto, secondo i Supremi giudici, la pronuncia di improcedibilità, comunque motivata, resta pur sempre inserita in un provvedimento non decisorio sul rapporto sostanziale e non impugnabile, e, pertanto, non può costituire autonomo oggetto di impugnazione.
L’ordinanza in parola, con riferimento al procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio, richiamando Cass. SS. UU n. 20957 del 2004 e Cass. n. 14524 del 2011, sottolinea come lo stesso rivesta carattere di eccezionalità ed urgenza (oltre ad essere sostitutivo della volontà assembleare); come risulti altresì ispirato all’obiettivo di garantire una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale (a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore), e come, pertanto, sia necessariamente improntato a celerità, informalità ed ufficiosità.
Sulla base di detti caratteri, il provvedimento de quo non riveste alcuna efficacia decisoria e lascia salva al mandatario revocato la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto provvisoriamente inciso, naturalmente facendo valere le sue ragioni attraverso un giudizio a cognizione piena.
Ciò posto, e con riferimento alla questione che in questa sede particolarmente interessa, relativa all’assoggettamento o meno, del procedimento di revoca dell’amministratore di condominio, all’obbligatorietà della mediazione, la Suprema Corte osserva esclusivamente quanto di seguito sintetizzato.
Come detto, a seguito della riforma della materia condominiale operata dalla legge 220/2012, l’art. 71 – quater, disp. att. c.c. precisa che per “controversie in materia di condominio”, ai sensi dell’art. 5, co. 1 – bis, D.lgs 28/2010, debbano intendersi, fra le altre, quelle degli artt. da 61 a 72 disp. att. c.c.
Tra tali controversie è quindi compreso anche il procedimento di revoca dell’amministratore di condominio ex art. 64 disp. att. c.c.
Come in precedenza già accennato, peraltro, l’art. 5, co. 4, lett. f), D.lgs. 28/2010 inequivocabilmente dispone che l’obbligatorietà del tentativo di mediazione non opera nei procedimenti in camera di consiglio, e, sul punto, l’ordinanza in commento osserva che il giudizio di revoca dell’amministratore di condominio è un procedimento camerale plurilaterale tipico.
Ciò che la Suprema Corte sembra dunque interessata a porre in rilevo è la difficoltà ermeneutica, derivante da un’interpretazione sistematica del disposto degli artt. 71 – quater disp. att. c.c. e 5, co. 4, lett. f), Dlgs. 28/2010, in merito alla questione dell’assoggettabilità del giudizio di revoca dell’amministratore di condominio all’obbligatorietà della mediazione.
Ciò premesso, tuttavia, l’ordinanza non prende esplicitamente posizione su tale questione, pur dovendosi rilevare come, considerandosi nella stessa in termini di “inequivocità” la disposizione – di cui al citato art. 5, co. 1 – bis, D.lgs 28/2010 – secondo cui il meccanismo della condizione di procedibilità non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, sembrerebbe che la Cassazione militi, effettivamente, a favore della tesi in forza della quale il procedimento volto alla revoca dell’amministratore di condominio non soggiaccia al tentativo di mediazione da intendersi in termini di condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Come si vede, la questione appare ancora lontana da una definizione in grado di dissipare completamente le “nebbie”, che, come fin troppo spesso accade nel nostro ordinamento, rendono oltremodo difficile (e nel concreto aleatoria…) l’individuazione dei contorni giuridici esatti della fattispecie in esame.
Dott. Luigi Majoli

Di seguito si riporta il testo integrale dell’ordinanza:

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Ordinanza 18 gennaio 2018, n. 1237

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22429/2016 proposto da:
B.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PANTELLERIA 14, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CANCARO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.L.;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 29/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/11/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La ricorrente B.E. impugna, articolando un unico motivo di ricorso, il decreto del 29 luglio 2016 della Corte d’Appello di Palermo, che ha rigettato il reclamo proposto dalla stessa B. avverso il provvedimento del Tribunale di Palermo reso in data 6 maggio 2016, con il quale era stata dichiarata improcedibile la domanda di revoca giudiziale di F.L. dall’incarico di amministratore del Condominio (OMISSIS), non avendo partecipato la ricorrente all’incontro davanti al mediatore agli effetti del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28.
L’intimata F.L. non ha svolto attività difensive.
La Corte d’Appello di Palermo ha aderito all’interpretazione del Tribunale, secondo cui il procedimento di mediazione obbligatoria è applicabile anche al giudizio di revoca dell’amministratore di condominio, nonostante si tratti di procedimento in camera di consiglio, stante la previsione dell’art. 71 quater disp. att. c.c.; ha quindi aggiunto che la mancata comparizione della ricorrente nell’incontro davanti al mediatore equivalesse a mancato avveramento della condizione di procedibilità.
B.E. deduce la violazione degli artt. 64 e 71 quater c.c., nonchè del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 4, lett. f, affermando che il decreto impugnato abbia natura di sentenza e contestando che al procedimento di revoca dell’amministratore di condominio possa applicarsi l’istituto della mediazione obbligatoria.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso proposto da B.E. potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, previsto dall’art. 1129 c.c., e art. 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione; tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cass. Sez. 6 – 2, 23/06/2017, n. 15706; Cass. Sez. 6 – 2, 11/04/2017, n. 9348; Cass. Sez. 6 – 2, 27/02/2012, n. 2986; Cass. Sez. 6 – 2, 01/07/2011, n. 14524; Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957). E’ dunque inammissibile la censura che B.E. rivolge al decreto impugnato, sotto forma di vizio in procedendo, diretta a sindacare la decisione sulla questione della soggezione del giudizio di revoca dell’amministratore di condominio al procedimento di mediazione ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28.
E’ vero infatti che l’art. 71 quater disp. att. c.c., (introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220) precisa che per “controversie in materia di condominio”, ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 1, si intendono, tra le altre, quelle degli artt. da 61 a 72 disp. att. c.c., (essendo l’art. 64 disp. att. c.c., relativo, appunto, alla revoca dell’amministratore). Per contro, l’art. 5, comma 4, lett. f, (come sostituito dal D.L. n. 69 del 2013, conv. in L. n. 98 del 2013) del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai commi 1 bis e 2, non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, essendo proprio il giudizio di revoca dell’amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico.
Nell’interpretazione di questa Corte, di cui ai richiamati precedenti, si spiega, tuttavia, come il procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio: 1) riveste un carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare; 2) è ispirato dall’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore; 3) è perciò improntato a celerità, informalità ed ufficiosità; 4) non riveste, tuttavia, alcuna efficacia decisoria e lascia salva al mandatario revocato la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto provvisoriamente inciso, facendo valere le sue ragioni attraverso un processo a cognizione piena (pur non ponendosi questo come un riesame del decreto) (Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957; Cass. Sez. 6 – 2, 01/07/2011, n. 14524). Pertanto, il decreto con cui la Corte d’Appello in sede di reclamo su provvedimento di revoca dell’amministratore di condominio, dichiari improcedibile la domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, ex art. 5, comunque non costituisce “sentenza”, ai fini ed agli effetti di cui all’art. 111 Cost., comma 7, essendo sprovvisto dei richiesti caratteri della definitività e decisorietà, in quanto non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi, non pregiudica il diritto del condomino ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, nè il diritto dell’amministratore allo svolgimento del suo incarico. Trattasi, dunque, di provvedimento non suscettibile di acquisire forza di giudicato, a nulla rilevando la motivazione del ritenuto ostacolo pregiudiziale all’esame della domanda giudiziale, atteso che la pronuncia di improcedibilità, comunque motivata, resta pur sempre inserita in un provvedimento non decisorio sul rapporto sostanziale e non impugnabile, e non può pertanto costituire autonomo oggetto di impugnazione.
Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile.
Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, perchè l’intimata F.L. non ha svolto attività difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2018