Nullo l’atto di citazione che lede il contraddittorio in tema di mediazione

Il Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Bagheria, con sentenza 13 giugno 2012, ha avuto modo di riaffermare come debba considerarsi nullo l’atto di citazione lesivo del contraddittorio sotto il profilo dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione.
Nel caso di specie, si tratta di questione inerente lo scioglimento della comunione, nella quale, quindi, ai sensi del D.lgs n. 28 del 2010, si deve previamente espletare il tentativo di mediazione.
Il Giudice rileva che non può disporsi la rinnovazione della citazione o della notificazione della stessa o l’integrazione del contraddittorio per una successiva udienza assegnando contestualmente il termine per la proposizione dell’istanza di mediazione; ciò sulla base della considerazione che ”…è necessario garantire a tutte le parti del giudizio la possibilità di interloquire sulla necessità o meno di instaurare un procedimento di mediazione (con riferimento ad esempio alla circostanza della sussumibilità della specifica controversia in quelle soggette per legge alla mediazione obbligatoria)”.
Il Tribunale osserva altresì come l’invio delle parti in mediazione contestualmente all’imposizione degli adempimenti per la regolare instaurazione del contraddittorio “…sarebbe sì una soluzione attuativa del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, ma impedirebbe alle parti ancora non presenti in giudizio di evidenziare le ragioni per cui non andrebbe effettuata la mediazione obbligatoria e potrebbe comportare, in caso di presentazione davanti al mediatore del chiamato in mediazione, la sopportazione di costi ad opera di quest’ultimo soggetto ancora non costituito in giudizio e la necessità per lo stesso chiamato, in caso di sua contumacia nel procedimento di mediazione, di dover motivare il giustificato motivo della sua assenza qualora decidesse di costituirsi poi in giudizio e ciò al fine di evitare le conseguenze negative previste dall’art. 8, comma 5, D.lgs n. 28 del 2010”.
Sulla base delle considerazioni che precedono, dunque, il Giudice, in linea con le citate esigenze di ragionevole durata del processo, ritiene che nulla osti al fatto che sia l’attore ad attivarsi spontaneamente, prima della successiva udienza, al fine di provocare il tentativo di mediazione, evitando così di dover attendere, per il medesimo scopo, l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., “…per poi dovere subire il rilievo officioso dell’improcedibilità della domanda e, quindi, un ulteriore rinvio ad oltre quattro mesi di distanza”.
Di conseguenza, il giudice ha provveduto a dichiarare la nullità della citazione fissando, ex art. 164 c.p.c., la data della successiva udienza.
Da rilevare, peraltro, a margine degli aspetti di specifico interesse che si sono evidenziati sopra, il fatto che nel caso riportato l’atto di citazione avrebbe dovuto essere dichiarato nullo in ogni caso, in quanto mancante dell’avvertimento relativo alla decadenza di cui all’art. 38 c.p.c., vizio non sanatosi a causa della mancata costituzione della parte convenuta.

Mediazione-civile-d.lgs-28-2010

La consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. non è alternativa rispetto al procedimento di mediazione

Il Tribunale di Milano, VI sezione civile, con ordinanza 24 aprile 2012, ha avuto occasione di chiarificare due rilevanti aspetti, inerenti all’introduzione dell’obbligatorietà della mediazione, che non avevano mancato di suscitare una qualche incertezza, tanto in dottrina quanto sul piano applicativo.
In primo luogo, quanto all’istanza di accertamento tecnico preventivo ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., il giudice ne esclude in via preliminare l’improcedibilità per mancato pregresso esperimento del procedimento di mediazione, dal momento che si tratta di una ”…condizione che si reputa riferita ai soli procedimenti di natura contenziosa e non già ai procedimenti, quale il presente, con finalità di conciliazione della lite”.
Inoltre, e questo rappresenta il punto di diritto fondamentale, il Tribunale osserva come la coesistenza nell’ordinamento processuale dei due istituti dell’ATP conciliativo, di cui all’art. 696 bis c.p.c., e del procedimento di mediazione, di cui al D.lgs n. 28 del 2010, non sia prevista in termini di alternatività, tale per cui il ricorso all’uno esclude il ricorso all’altro, ”…stimandosi che il ricorso al primo, rimesso alla disponibilità delle parti ove ne ricorrano i presupposti (con particolare riferimento all’utilità di una verifica tecnica che consenta alle parti di fare chiarezza sul tema controverso e su istanze restitutorie o risarcitorie poste), non escluda la necessità di ricorrere al secondo quando, non raggiunto l’obiettivo della conciliazione, si profili la via contenziosa e quindi, nelle materie previste, l’obbligatorietà di ricorrere al preventivo procedimento di mediazione (nel quale, prevalenti le relazionali di mediazione, ci si potrà comunque avvalere dell’accertamento tecnico già svolto)”.

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Mediazione fiscale: no alla sospensione feriale dei termini

Con la circolare 22/E dello scorso 11 giugno, l’Agenzia delle entrate ha emanato nuove direttive in materia di programmazione e gestione della mediazione e del contenzioso tributario per il 2012.

In particolare, il documento precisa che la sospensione feriale dei termini dal 1° agosto  al 15 settembre non trova applicazione nell’ambito del procedimento di mediazione, che dovrà dunque in ogni caso concludersi nei 90 giorni previsti, dal momento che si tratta di una fase amministrativa e non processuale.

Da rilevare, peraltro, che per la proposizione dell’istanza di mediazione le regole sulla sospensione dei termini devono invece considerarsi rilevanti, come già precisato dalla circolare 9/E, in virtù dello ”stretto nesso tra la presentazione dell’istanza e la proposizione del ricorso giurisdizionale”.

In sostanza, fino all’istanza di mediazione si è all’interno di una fase processuale, alla quale dunque si applica la sospensione, mentre con la presentazione della stessa si entra in una  fase amministrativa, con conseguente irrilevanza dei termini.

In pratica, quindi, ove i 60 giorni dalla notifica dell’accertamento scadano nel periodo feriale, scatta la sospensione (per l’intero periodo di 46 giorni), e si potrà proporre reclamo dopo la conclusione di essa, con conseguente dovere per l’ufficio di adoperarsi nei successivi 90 giorni; se invece i 60 giorni scadono prima dell’inizio del periodo di sospensione, quest’ultimo non si applica e, dunque, l’ufficio dovrà provvedere entro i successivi 90 giorni.

Infine, la circolare prevede espressamente l’obiettivo minimo dell’esame del 90% delle istanze presentate dai contribuenti, con la conseguenza, quindi, che, a obiettivo minimo raggiunto, il restante 10% potrebbe non risultare neanche oggetto di considerazione da parte degli uffici.

Il Ministero della Giustizia fornisce precisazioni sul credito d’imposta

L’art. 20 del decreto legislativo n. 28 del 2010 prescrive gli adempimenti necessari per la determinazione della misura del credito d’imposta che la normativa in vigore riconosce per i procedimenti di mediazione.
Come è noto, il credito d’imposta è previsto con riferimento a tutte le procedure di mediazione, sia avviate facoltativamente sia nelle ipotesi in cui il tentativo si pone come condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Laddove la mediazione abbia esito positivo, l’entità del credito è rapportata all’indennità versata ai soggetti che, presso l’organismo prescelto, hanno svolto il procedimento, mentre in caso di verbale negativo l’ammontare del credito è ridotto della metà.
In particolare, il comma 4 del menzionato art. 20 prevede che ”Il credito d’imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, in compensazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché, da parte delle persone fisiche non titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi. Il credito d’imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico sulle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
A tale proposito, il Ministero della Giustizia ha reso noto, il 12 giugno scorso, quanto di seguito riportato:
Con riferimento agli adempimenti inerenti al credito d’imposta, l’art. 20 del d. lgs n. 28 del 2010 ha prescritto specifici adempimenti per la determinazione della misura del credito di imposta.
Si segnala che:
a. è stata già inoltrata a tutti gli organismi di mediazione la richiesta di far pervenire presso la direzione generale della giustizia civile i dati di dettaglio necessari,
b. è in atto la predisposizione di un programma informatico che consentirà la compiuta comunicazione a tutti gli interessati dell’importo da poter far valere a titolo di credito d’imposta per le indennità corrisposte nell’anno 2011.
Si informa, inoltre, che nella sezione VI delle istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi 2012 è precisato che se la comunicazione (relativa al credito d’imposta) è pervenuta in data successiva alla presentazione della dichiarazione dei redditi, il credito d’imposta può essere indicato nella dichiarazione relativa all’anno in cui è stata ricevuta la comunicazione
”.